Torino, Italia, 2011 Realizzato con l’aiuto di un gruppo di attori, le 14 immagini disegnano, come nello storyboard cinematografico, la trama del vissuto di una coppia per raccontare il dilatarsi nel tempo di un rapporto affettivo da reinventare. I singoli scatti sono a volte metafore di stati d’animo comuni, soprattutto nei rapporti consolidati, ma anche consumati dal tempo, in quell’ oscillare continuo tra desiderio di ridisegnare il proprio spazio di indipendenza e intimità, e quello di ritrovare altri codici della vita affettiva. Paolo Gobbo scatta lì dove lo “scarto” si fa impalpabile e sottile, contrapponendo forze opposte, in cui si cela anche una scheggia di violenza: violentare se stessi per ritrovare una serenità diversa che a volte non sappiamo neppure dove cercare. L’abbraccio/coltello; il tiro alla fune, ma anche corde che si lacerano con le forbici, o che legano mani e polsi, nell’impotenza di sciogliersi verso una ritrovata libertà. Un quotidiano che a volte si consuma nel silenzio di chi ha poco da dire o di chi non vuole più sentire, chiudendosi in sé stesso come unica via di fuga per ritrovarsi. L’Amore è davvero (im)possibile? nel gioco del titolo e nell’ambiguità delle immagini Paolo Gobbo scioglie la sua riserva nella chiusa del racconto, positiva e felice, ma domani sarà forse un’altra storia. |